Turchia
La Turchia ospita più della metà dei quasi 6 milioni di siriani sfollati nella regione e stiamo parlando solo di quelli registrati. Essendo il primo paese confinante, la fuga in Turchia è la strada più naturale per chi vive a nord della Siria, ma nei campi profughi finanziati dall’Unhcr e gestiti dall’Afad, l’agenzia governativa turca analoga alla nostra protezione civile, sono presenti programmi di assistenza che soddisfano le esigenze primarie di poco più di 300.000 siriani.
La situazione più difficile è quella di chi vive fuori dai campi ufficiali. E infatti il nostro impegno si focalizza sui campi spontanei, isolati e lontani dai centri abitati. Quello di cui ci prendiamo cura da quasi dieci anni, composto da circa 900 nuclei famigliari per un totale di oltre 6000 persone, non è seguito da alcuna Ngo o istituzione locale, si trova su un terreno che precedentemente veniva utilizzato come discarica abusiva e di cui sono ancora presenti i resti. Gli abitanti, bambini compresi, lavorano come braccianti per poche lire turche al giorno. Le tende in cui vivono sono spesso improvvisate, spoglie, fredde. Mancano i servizi igienici più basilari, acqua pulita e combustibile per l’inverno.
Molti dei bambini sono nati nel campo e non conoscono altro. Nel corso della loro infanzia non hanno avuto accesso a servizi educativi di base o a una adeguata assistenza sanitaria. La maggior parte è analfabeta, malnutrita e priva di qualunque prospettiva di vita. I minori all’interno del campo sono oltre 4000, numero che continua ad aumentare. Ci sono poi oltre un centinaio di nuclei di orfani abbandonati a loro stessi e per questo ancora più esposti alle conseguenze del degrado: dalla mancanza di cibo alla violenza.
In concreto portiamo al campo cibo e beni di prima necessità, dalle coperte ai sacchi nanna, dalla legna ai vestiti per l’inverno. Consegniamo latte in polvere per i molti neonati sulla soglia della malnutrizione che monitoriamo costantemente. La presenza di un medico nelle nostre missioni è essenziale per curare le infezioni dovute all’acqua sporca, le malattie della pelle o di altro genere; malanni che da noi sarebbero facilmente curabili e che in un campo profughi rischiano invece di essere letali. Abbiamo aperto e gestiamo una tende scuola in gemellaggio con una primaria di Torino, e forniamo programmi di educazione non formale coordinate dall’Italia a supporto dei due docenti in loco. Ci occupiamo in modo speciale di alcune famigli fragili, dislocate tra Turchia e Siria, con bambini malati o portatori di handicap.
Progetti attivi nel campo profughi spontaneo
Turchia
La Turchia sta ospitando più della metà dei quasi 6 milioni di siriani sfollati nella regione e stiamo parlando di quelli registrati – ovvero quasi uno su due.
Come valori assoluti lo Stato turco accoglie di gran lunga più di tutto il territorio europeo messo assieme e dunque nel corso degli anni il governo della Turchia ha portato la maggior parte del carico dei rifugiati.
La fuga nello Stato turco, essendo Paese confinante, è la strada più naturale per chi vive a Nord della Siria, dove tutti i profughi sperano di rientrare, prima o poi. Ma la cessazione delle ostilità è una prospettiva ancora troppo irreale.
Nei campi profughi finanziati dall’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati e gestiti dall’Afad, l’agenzia governativa turca analoga alla nostra protezione civile, sono presenti programmi di assistenza che soddisfano le esigenze primarie di poco più di 300.000 siriani. Ma la situazione più difficile è affrontata da coloro che vivono al di fuori dei campi ufficiali.
Il nostro impegno si focalizza proprio in questi campi spontanei, isolati e lontani dal centro abitato.
Il campo non è seguito da alcuna Ngo o istituzione locale, si trova su un terreno che precedentemente veniva utilizzato come discarica abusiva e di cui sono ancora presenti i resti. Gli abitanti, bambini compresi, lavorano come braccianti per poche lire turche al giorno. Le tende in cui vivono sono spesso improvvisate e prive di qualunque servizio. Mancano I servizi igienici più basilari, acqua pulita e combustibile per l’inverno. Molti dei bambini sono nati in questi campi e non conoscono altra realtà. Ciò significa che nel corso della loro infanzia non hanno avuto accesso ai servizi educativi basilari e non hanno accesso a strutture sanitarie in caso di bisogno, né servizi igienici adeguati.
I bambini sono analfabeti, malnutriti e privi di qualunque chance di vita apprezzabile. I minori all’interno del campo sono più di 1000, numero che continua ad aumentare di mese in mese.
Una parte del campo è popolata da orfani completamente abbandonati a loro stessi. Questi sono i soggetti maggiormente vulnerabili ed esposti alle conseguenze che vivere in quel campo porta con sé: oltre alla mancanza di cibo e acqua, sono i soggetti maggiormente esposti al rischio di violenza, rischio che non risparmia gli altri bambini del campo.
In concreto, portiamo cibo e beni di prima necessità che acquistiamo in loco e beni come coperte, sacchi nanna, legna, scarpe e giubbini nella stagione invernale. Consegniamo latte in polvere per i molti neonati, troppi di loro sulla soglia della malnutrizione che monitoriamo e nella maggior parte dei casi risolviamo.
La presenza di un medico nelle nostre missioni è essenziale per debellare infezioni dovute all’acqua sporca, malattie della pelle, singoli casi di diversa entità o malattie che da noi sono facilmente curabili ma che in un campo profughi possono trasformarsi in letali.
Abbiamo aperto e gestiamo due Tende Scuola in gemellaggio con una scuola di Torino, forniamo programmi di educazione non formale coordinate dall’Italia da un’insegnante a supporto dei due docenti in loco.
Ci occupiamo anche di alcune famigli fragili, dislocate tra Turchia e Siria, con bambini malati o portatori di handicap.
Progetti attivi nel campo profughi spontaneo
Missioni in Turchia
Siria
Sul territorio siriano, le persone registrate in conidizione di bisogno sono 13.5 milioni. Di queste, 6.3 milioni sono sfollati, ossia sono rimasti senza casa all’interno del territorio siriano. A causa della sanguinosa guerra, raggiungere e portare aiuto a queste popolazioni è difficile per qualsiasi organizzazione internazionale.
La guerra civile siriana è cominciata il 15 Marzo 2011 con le primavere arabe, ma dal 2014 l’ONU non riporta più il numero delle vittime registrate che negli anni è andato ovviamente aumentando; la sua ultima stima è di 191.369 persone di cui almeno 8.803 minori. Per quanto riguarda più nel dettaglio la situazione attuale degli sfollati, 4,5 milioni di persone si trovano in zone difficilmente raggiungibili o in città poste sotto assedio. Quella siriana è infatti definita come la “più grande crisi umanitaria e dei rifugiati dei nostri tempi”, come dichiarato dall’Alto Commissario UNHCR Filippo Grandi. In Siria mancano beni di prima necessità come cibo e acqua pulita. Mancano strutture ad hoc per accogliere gli sfollati, che sono un numero sempre crescente. La fine vera e propria dei combattimenti pare molto lontana, e perciò la situazione non sembra migliorare.