L’inizio di ogni missione vede come prima tappa la farmacia e il supermercato. Gli addetti e i cassieri sanno chi siamo, sanno perché siamo li e come ogni volta, anche questa, siamo venuti fuori con una spesa enorme che ha richiesto 5 carrelli per essere trasportata: 100 kg di farina, 100 kg di legumi, 50 kg di zucchero, 50 kg sale, 80 l di olio, 100 kg di riso e poi ancora tanti, tanti pacchi di caramelle, tante barrette di cioccolata e, visto che con i denti non si scherza, anche spazzolini e dentifrici. L’auto, messa a disposizione dal volontario che ci aiuta, era talmente piena che non abbiamo potuto fare altro che sistemare pacchetti di legumi anche sul cruscotto davanti!

Per arrivare al campo abbiamo dovuto percorrere una strada in mezzo a campi di verdure e di peperoni. Sarebbe stata una gradevole visione bucolica se non fosse stato per le schiene piegate di uomini, donne e bambini siriani, tutti intenti a raccogliere la verdura.

Arriviamo alla prima parte del campo che conta 120 tende, e appare subito evidente come non si tratti di tende da campeggio, ma di soluzioni improvvisate con teli di plastica, canne di legno, spago e teli.

Mettiamo insieme, per tipologia, tutti gli alimenti nella tenda comune, e il responsabile del campo insieme a suo figlio si incaricano di distribuirli. Ad ogni famiglia spettano due pacchi di legumi, un pacco di riso, una bottiglia di olio, un pacco di sale o di zucchero.

Il campo si trova vicino ad un fiume, il che significa avere una fonte d’acqua a cui accedere facilmente. Qui i profughi riempiono quelle che una volta sono state taniche di detersivi; l’acqua, anche se presente non è pulita, anche gli scarti e spazzatura finiscono lì.

In lontananza c’è un altro accampamento: un campo di siriani (130 tende) nato su una discarica di cui continuano a rimanere i resti. Alcuni bambini scalzi sul terreno bagnato e lurido di sporcizia giocano con bicchieri di plastica trovati per terra: li tirano su, li mettono in bocca e sembrano così impiegare il loro tempo. In questa parte della distesa c’è una sola fonte di acqua, un tubo che spunta da terra e che a singhiozzo dispensa acqua per le 130 tende.

Le condizioni igieniche dei due insediamenti sono disastrose. L’igiene nei campi non esiste: mosche e insetti dappertutto, mosche e ancora insetti, che camminano sulle mani, sui visi, che entrano in bocca, mosche e insetti che alla fine non senti neanche più. I bagni sono buchi nel terreno attorno a cui sono stati fissati 4 rami di legno e appese delle stoffe.

Nel secondo accampamento anche l’acqua è un grosso problema: è un grosso secchio, riempito da taniche, che deve bastare per 4/5 famiglie e il cui contenuto deve servire per lavare oggetti e per l’igiene personale.

Il cibo, verdure e pane arabo, viene cotto grazie a fuochi improvvisati in grandi pentole di ferro. Sorrido ancora al pensiero di ciò che stavano cucinando le donne quando siamo arrivati al campo: melanzane fritte e pane, la stessa pietanza che la mia nonna siciliana preparava per me nei pomeriggi di estate.

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